Quando avevo circa sei anni mi fu chiesto se ero nata il giorno 16 o il giorno 17 Aprile.
Non ebbi dubbi, “il 16” risposi con fermezza. Il 17 era una parola troppo difficile da pronunciare.
Quindi fu presto deciso. Nacqui il 16 Aprile del 1964.
Mi trovavo seduta sulle ginocchia di mia madre adottiva che ancora non conoscevo.
Davanti a me, oltre un’immensa scrivania, un giudice dall’aria curiosa doveva decidere le sorti del mio destino.
Bastava solamente apporre una firma e tutto finalmente sarebbe finito.
Dopo uno sguardo veloce a mia madre e poi uno a me, la sua mano tratteggiò uno scarabocchio su un foglio, vi mise un timbro ed ecco che tutto quello che fu passato divenne da quel giorno il mio futuro.
Mi diedero alla luce in un paesino vicino alle Valli di Comacchio, che tra l’altro adoro e dalle quali non riesco a stare lontana.
Per motivi che non sto a spiegare per non annoiarvi, sono stata “introdotta” in un Istituto. Lì ho trascorso i primi cinque anni della mia vita.
Fortunatamente una famiglia mi adottò e cominciai finalmente a vivere.
È stato molto duro affrontare la vita quotidiana. Ero una ragazzina ribelle, sempre alla ricerca di un qualcosa, di spiegazioni, sentivo di non essere quella che ero, non trovavo una giusta collocazione in quella nuova vita.
Adoravo i miei nuovi genitori, ma non riuscivo ad accettarli come tali.
Non mi rassegnavo all’idea che loro c’erano, mentre quelli “veri” no!
Per fortuna il tempo guarisce ogni ferita lasciandoti però le cicatrici per non farti dimenticare.
Approfitto per chiedere umilmente scusa ai miei genitori adottivi che con tanta pazienza e amore hanno sopportato i miei momenti più difficili.
Ora sono qui.
Mi sono diplomata presso un istituto tecnico per ragionieri (anche se non è stata proprio una scelta felice) e attualmente lavoro in una società in un paese del bolognese.
Sin da ragazzina, durante il periodo estivo, mi sono rimboccata le maniche svolgendo i più svariati lavori. Da commessa a guardarobiera in una sala da ballo del mio paese, dalla raccolta dei pomodori presso una famiglia di contadini all’accudimento di piccoli monelli presso una scuola materna.
Ho lavorato nello studio di un commercialista, impiegata in un ufficio di una ditta metalmeccanica, collaborato con una redazione della mia città.
Tutto questo è stato molto utile alla mia crescita interiore, a capire il mondo che mi circondava, le persone e i loro sentimenti.
Durante la mia continua ricerca ho conosciuto una persona, attualmente il mio compagno, che con la sua saggezza è riuscito a domare, in parte, il mio spirito ribelle.
Mi ha coccolata, viziata, amata e soprattutto mi è sempre accanto.
Abbiamo una bellissima figlia, in piena età adolescenziale, che sotto molti aspetti mi assomiglia molto e la cosa un po’ mi preoccupa.
Vorrei parlare di più di questa vita che ho creato, se lo meriterebbe, ma dovrei scrivere un altro libro. Quindi rimando questo mio proponimento promettendo a mia figlia che lo farò.
Adoro gli animali. Ho un fortissimo legame con loro. Li sento simili a me. Hanno tanto bisogno d’amore, non chiedono altro e, comunque sia, loro ti ricompensano sempre.
Conduco una vita “normale” con la mia famiglia, ma questo desiderio di mettere nero su bianco ciò che ho vissuto e le sensazioni che ho provato durante il periodo dell’abbandono è più forte di me.
Mi sento di appartenere molto alla descrizione che ha fatto Carlo Cassola di “Anna”, la protagonista della sua opera “Un cuore arido”:
“non era una ragazza che desse nell’occhio: benché fosse bene in carne e avesse un personale svelto. I capelli li portava tagliati corti, con una frangetta che le copriva la fronte. Aveva fattezze regolari: precisa la linea arcuata delle sopracciglia, ben modellato il naso, disegnate con nettezza e in rilievo le labbra. Ma il bello di Anna erano gli occhi: verdi, cosa rara in una bruna. E la sua voce rauca, quasi cavernosa, che sulle prime poteva riuscire sgradita, poi si rivelava incantevole. Pure, ci voleva tempo per accorgersi di lei.”
Escludendo l’essere “bene in carne” e avere “ben modellato il naso”, tutto il resto un po’ mi appartiene.
Come un po’ mi appartiene una piccolissima parte di vita del fantastico, geniale e, ritengo, insuperabile Charles Chaplin. Nato il 16 Aprile e trascorso i suoi primi anni tra un istituto ed un altro, lontano dagli affetti famigliari e soprattutto lontano da ciò che ogni bambino ha diritto di avere. Amore. Escludendo l’essere geniale e fantastico e indescrivibile come Chaplin, tutto il resto mi appartiene.